EXTRAVOLTI è un progetto fotografico di Davide Iodice realizzato con la collaborazione di personalità note ad un vasto pubblico. La caratteristica di questa serie è di avere personaggi di chiara fama scelti per la loro incidenza nella vita culturale e aperti verso ampi approcci creativi.
I soggetti di queste foto sono disposti ad apparire distorti e grotteschi in difesa della cultura ma anche a sostenere la volontà dell’essere umano verso la comprensione di fenomeni che li coinvolgono e, qualche volta, li travolgono. Cultura lontana dal nozionistico o aderente a etichette prestabilite, bensì come risultato di una esperienza soggettiva, spirituale e vitale.
Davide ha fotografato il viso con una semplice modalità di rappresentazione: il volto è appoggiato su una lastra di plexiglass trasparente con una evidente deformazione nei tratti somatici. La lastra diventa metafora della “lotta quotidiana” che ci distorce e deforma il profondo valore della cultura e della spiritualità –con freddezza e apparente trasparenza- sottraendone l’intimo valore.

Tutte le foto realizzate verranno esposte in contesti performativi dove l’osservatore deve fisicamente inserirsi nello status emotivo dei soggetti fotografati. Il senso di claustrofobia e strozzatura della cultura artistica odierna vuole essere rappresentata con un’installazione che obbliga l’osservatore a calarsi nella
veste scomoda di difensore della cultura, contro le subdole forze che ne impediscono lo sviluppo.

Per raggiungere tale scopo, le foto -su cornice a scatola- verranno posizionate ad altezze differenti in un ambiente scuro, dove le opere saranno distribuite all ingresso della mostra.

A sostegno di questo progetto fotografico, vi saranno interviste realizzate a critici, galleristi, mecenati, ecc tutti autorevoli esponenti dell’intellighenzia italiana. L’audio di queste interviste saranno udite all’interno degli spazi espostivi insieme ad un suono/musica creato dallo stesso artista.
Le interviste andranno a indagare i temi dell’arte e della creatività, con riflessioni che tendono a immaginare un futuro della cultura e delle possibili conseguenze nel mondo civile.

Contrariamente alle premesse, questo progetto non va letto con pessimismo o scarsa fiducia della potenza culturale, bensi come una “fotografia” mentale attraverso la “fotografia” reale di una civiltà contemporanea che, sovente, tende ad emarginare l’arte e i suoi alfieri da tutto ciò che viene considerato immediatamente utile allo sviluppo umano. Garantire questa pratica significherebbe riconoscere nella creatività umana un impegno verso nuove forme interpretative del futuro restituendo maggiori possibilità di successo civile ed umano oltre che la realizzazione di nuovi “colori emotivi”.